Beatrice Carra
Non sono mai riuscita a farmi calzare addosso come un guanto la vita pratica. Ci incespico, mi dimentico, ci sbatto contro una mano, un piede, a volte mi faccio male, a volte scappo. Non ci riesco.
Ho sempre avuto bisogno di tradurla in qualcos’ altro, la vita pratica. Non so nemmeno io in che cosa. So solo che mi sento a casa solo se mi sintonizzo su un piano parallelo, forse più poetico, forse più buffo, a volte più tragico.
Tradurre il quotidiano in qualcosa di più. Parole fatte di poesie, le note di uno strumento che si infilano nell’anima, là in fondo chissà dove, la voce che esce dagli abissi e cantando disegna fuori di te quello che l’anima non riesce a dire.
Al teatro non avevo mai pensato. Mi sembrava finto. Invece qualche anno fa mi ha sorpreso diffidente e sospettosa davanti alla sua soglia. E’ stato bello entrarvi. E’ stato molto bello. Traduco sempre il mio quotidiano, ma non più da sola. Lo faccio insieme al cuore e la testa di tante altre persone che cercano insieme una chiave, persone a cui voglio bene, a cui dico grazie.